1. Introduzione
In occasione di un discorso tenuto al Parlamento Europeo e rimasto presente nella memoria collettiva, Papa Francesco, commentando l’ennesimo naufragio di migranti, afferma „Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero“ (25/11/2014)[1]. Alcuni mesi prima, a una riunione generale delle Nazioni Unite l’allora Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi sosteneva che il Mediterraneo „troppo spesso si trasforma in un cimitero“ (25/09/2014)[2]. Ma ancora un anno prima di questi avvenimenti il primo Ministro maltese Joseph Muscat aveva commentato in un’intervista alla BBC il naufragio nel mar Mediterraneo avvenuto nell’ottobre del 2013 con queste parole: „as things stands, we are just building a cemetery in our Mediterranean Sea“[3]. Leggendo queste affermazioni ciò che colpisce, da un punto di vista linguistico-cognitivo, è il ricorso, nello stesso contesto di riferimento, alla medesima associazione mentale. Dal 2014 gli arrivi via mare sulle coste del Sud Europa e il numero delle vittime e dei dispersi sono aumentati in modo considerevole (cfr. statistiche UNHCR[4]) e sono stati oggetto di un acceso dibattito politico, giuridico e umanitario all’interno del quale si nota l’utilizzo ricorrente nei media (non solo italiani, ma anche europei) della metafora “il Mediterraneo è un cimitero” e di un numero considerevole di modificazioni semantico-grammaticali del tipo “un cimitero a cielo aperto chiamato Mediterraneo” o “Mediterraneo, il cimitero liquido”.
Lo scopo del presente contributo è di studiare la metafora “il Mediterraneo è un cimitero” da due prospettive: una diacronica, che ci permetterà di ricostruire – per quanto possibile – la nascita di questa metafora nella lingua italiana, e una sincronica, attraverso la quale tenteremo di identificare, da una prospettiva cognitiva, le rappresentazioni mentali che sono alla base delle modificazioni che ha subito la metafora fonte. Un approccio di questo tipo consente, a nostro avviso, una spiegazione omogenea della metafora “Il Mediterraneo è un cimitero” perché permette di stabilire, in maniera specifica, quali tratti peculiari del concetto CIMITERO vengono trasferiti e proiettati al concetto MEDITERRANEO (Lakoff e Johnson 1980, 1999) e quali invece retrocedono sullo sfondo.
La prima parte dello studio verte, quindi, sulle origini della metafora cimiteriale del mare e sulla domanda se e da quando è possibile rintracciare tale metafora, le cui radici – trattandosi di un topos letterario – sono da ricercare in un passato ben più lontano rispetto al discorso di Muscat del 2013. Per rispondere a questa domanda sottoporremo alla nostra analisi non solo i principali dizionari storici dell’italiano, alla ricerca della prima attestazione del sintagma metaforico, ma anche i testi in italiano antico raccolti nel corpus dell’OVI (Opera del Vocabolario Italiano), risorse imprescindibili per un approccio di tipo diacronico.
La seconda parte dello studio verte, invece, sulle modificazioni semantico-grammaticali della metafora fonte e sulla domanda se tali modificazioni possano rendere conto delle rappresentazioni mentali specifiche che l’autore della modificazione attiva dall’unione del concetto MEDITERRANEO con quello di CIMITERO. La scelta del corpus digitale, nel nostro caso gli hyperlink dei documenti web di google.it, ha il vantaggio di fornire un numero cospicuo di esempi autentici per lo stesso contesto di riferimento. La nostra ricerca digitale ha preso in disamina 150 hyperlink selezionati in base all’occorrenza delle due parole Mediterraneo e cimitero nel contesto di riferimento del naufragio di migranti. Tutti gli esempi analizzati sono stati scelti a partire dal 2014, anno in cui Papa Francesco ha proferito la metafora “il Mediterraneo è un cimitero”.
Per quanto riguarda la metodologia, nel presente contributo seguiremo una prospettiva che rappresenta una sintesi combinatoria dei due approcci metodologici impiegati nella ricerca sulle metafore (top-down e bottom-up)[5]. Per la parte diacronica della nostra analisi adotteremo un approccio di tipo top-down, tradizionalmente usato nell’analisi delle metafore cognitive e volto a sottolineare le strutture cognitive globali (cfr. Kövecses 2011: 27 segg.). Nella seconda parte, dedicata all’analisi sincronica delle modificazioni della metafora “Il Mediterraneo è un cimitero” (par. 4), seguiremo l’approccio opposto di tipo bottom-up: studiando le modificazioni metaforiche negli hyperlinks dei documenti web di google.it (rinunciando, quindi, a un’analisi estensiva nel contesto e concentrandoci unicamente su un’analisi selettiva), focalizzeremo l’attenzione sulle strutture linguistiche, sulla loro forma e sulle modifiche alla struttura e al significato. Come sostenuto da Kövecses (2011), infatti, „both directions of analysis are necessary for a full and mutual satisfying understanding of how metaphors work in language, culture and thought.“ (p. 32) e, in effetti, ci sembra che la combinazione dei due approcci possa fornire uno sguardo completo e integrato all’analisi della metafora concettuale oggetto del nostro studio, tenendo conto anche della diversa natura delle due prospettive di ricerca (diacronica e sincronica).
2. Prospettiva diacronica: origine della metafora cognitiva “il mare è un cimitero”
2.1 La parola mare
Nel tentativo di rintracciare l’origine della metafora “il mare è un cimitero”, che attualmente risulta molto frequente nel dibattito politico, giuridico e umanitario[6], risulta imprescindibile uno sguardo ai principali dizionari storici ed etimologici della lingua italiana.
La parola mare deriva dal latino mare, „di orig. indoeur., ma non uniformemente diffuso“ (DELI). Oltre che con il suo significato primario di superficie acquatica, la parola viene utilizzata sia in senso specialistico (tra cui astronomia – „mare lunare“ –, zoologia – „dattero di mare“ –, e chimica – „schiuma di mare“ [sepiolite] –) (cfr. GDLI) sia in senso figurato (es. un mare di guai) e paremiologico. In particolare, appoggiandoci al metodo semasiologico della semantica strutturale (cfr. Greimas 1966) è possibile, partendo dalla forma di un determinato lessema, identificare i tratti distintivi che compongono il suo significato, fornendo informazioni circa la struttura interna del lessema stesso (cfr. Pirazzini 2013: 68). Così, da un’attenta analisi del Grande dizionario della lingua italiana (d’ora in avanti GDLI) di Salvatore Battaglia e del Vocabolario degli Accademici della Crusca (d’ora in avanti Crusca) abbiamo potuto rilevare i seguenti tratti costitutivi del significato di mare: innanzitutto appare come un luogo, una dimensione spaziale vasta ma delimitata. Inoltre, la parola viene utilizzata anche per indicare abbondanza, copiosità ed estensione, ma anche – sempre in senso figurato – una situazione difficile e pericolosa. È interessante sottolineare che soprattutto nei proverbi è possibile constatare un elemento comune, come è evidente dai seguenti esempi:
(1) l’acqua va al mare (Crusca)
(2) l’acqua corre al mare (Crusca)
(3) tutti i fiumi vanno al mare (Crusca) (GDLI)
(4) tutte le acque si conducono al mare (GDLI)
In (1), (2), (3) e (4) il mare rappresenta una direzione finale, dove l’elemento acqua (verbalizzato da diversi sostantivi, quali acqua, fiumi e acque) si muove verso una destinazione (il movimento è evidenziato dai verbi di moto andare, correre e condurre). La generalizzazione sottintesa a questo movimento che confluisce verso un punto di arrivo si evince dall’uso del sostantivo non numerabile acqua (esempi (1) e (2)) e dell’aggettivo indefinito tutti (3) e tutte (4).
2.2 La parola cimitero
La parola cimitero deriva invece dal latino tardo cimitērium/coemitērium e dal greco koimētērion, che significa luogo dove si va a dormire (dal greco koimân, fare addormentare) (cfr. DELI). Per quanto riguarda i tratti costitutivi di questo lessema, rilevati dall’osservazione del GDLI e del Vocabolario della Crusca, notiamo che innanzitutto è un luogo chiuso (cintato da muri) e destinato a una funzione particolare (alla sepoltura dei morti). La parola è utilizzata anche in senso figurato e indica un luogo silenzioso, abbandonato e lugubre (fondandosi sulla similarità con il cimitero vero e proprio), ma è anche simbolo di morte e desolazione (cfr. GDLI e Crusca). Dall’esame delle citazioni letterarie riportate nel GDLI in riferimento all’uso figurato di cimitero, notiamo che i lessemi associati a esso hanno in comune la caratteristica di essere dei luoghi chiusi (es. petto – „su! su da ‘l cimitero del petto“ (Carducci) –, stanza – „Lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi“ (Svevo) –) (cfr. GDLI) o luoghi solitari e desolati (es. vie e piazze – „vie e piazze, devastate e deserte; lugubrementi solenni come cimiteri“ (E. Cecchi) – ; un forte – „Già era vicino il forte con le sue mura … silenzioso e squallido come un cimitero“ (Comisso) –) (cfr. GDLI), il che rispecchia i tratti semantici costitutivi del termine cimitero. Nei dizionari presi in esame non è stata tuttavia riscontrata la metafora “mare come cimitero” e nemmeno alcun tipo di riferimento esplicito alla metafora né sotto l’uno né sotto l’altro lessema. Tuttavia, i celebri versi danteschi
(5) a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che’l mar fu sopra noi richiuso (Dante: Inferno, Canto XXVI, vv. 140-142 [nostro il grassetto])
– che pure vengono riportati nel GDLI come esempio letterario per il significato principale di mare – ci paiono già contenere in sé tale metafora: il mare, da spazio che si estende per una dimensione orizzontale, diventa – tramite l’uso della preposizione di luogo sopra e del verbo richiudere – una dimensione verticale e assume il tratto semantico-cognitivo di luogo chiuso, che caratterizza – tra gli altri – proprio il cimitero (cfr. Crusca e GDLI).
La ricerca delle origini di questa metafora così frequente, attuale e diffusa nelle varie lingue europee ci appare dunque piuttosto ardua. Non avendo rilevato un’attestazione certa di tale metafora nei dizionari storici, il nostro sguardo è stato rivolto alla letteratura, alla ricerca delle (possibili) prime attestazione della metafora “il mare è un cimitero”.
2.3 Il topos del MARE come LUOGO DI MORTE
In qualità di topos letterario, il mare è stato di frequente tema centrale, ambientazione o simbolo in numerose opere letterarie, le quali ne hanno messo in luce i significati positivi o negativi – confermando, così, la sua natura ambivalente (Rombi 1991). Tale ambivalenza ci sembra insita anche nella concezione del mare al giorno d’oggi, in particolare del Mar Mediterraneo, che da un lato rappresenta per molti migranti la speranza di una vita migliore e dall’altro, in caso di tragici naufragi conclusisi con la morte, la distruzione dei loro sogni.
Andando alla ricerca delle (possibili) prime attestazione della metafora oggetto del nostro studio, l’esame del corpus dell’OVI, che raccoglie i testi in vari volgari italiani, ha prodotto per il lessema mare 9807 occorrenze, mentre per mar 1214. Oltre a indicazioni geografiche di mari, il termine è spesso accompagnato dal sostantivo pericoli, impiegato per indicare una situazione rischiosa, nonché usato anche in senso figurato per descrivere a volte una situazione, una grande quantità e a volte per l’amore (attraverso similitudini e metafore) (cfr. OVI). Nel corpus dell’OVI, in seguito alla ricerca dei lemmi mare e mar è stato possibile individuare la rappresentazione del mare come luogo di morte. Essendo un luogo di pericoli, il mare può essere – nell’estremo pericolo – anche luogo di morte, di cui il mare stesso può esserne agente. Nei contesti d’uso dei lemmi sopracitati compaiono, infatti, spesso verbi come affogare e annegare. Inoltre, nelle cronache di tipo storico compare spesso la collocazione battaglia di mare, cosa che ci riconduce ancora una volta alla concettualizzazione di mare come luogo di morte.
Se da un lato la concettualizzazione più generica di mare come (possibile) luogo di morte è stata rilevata da una ricerca del corpus OVI, dall’altro non abbiamo, invece, riscontrato la presenza della concettualizzazione più specifica di “mare come cimitero”, ovvero un particolare luogo di morte, metafora oggetto del presente studio. Almeno (sembrerebbe) non prima dell’Inferno di Dante (Canto XXVI), i cui celebri versi (es (5) in 2.2) ci sembra che contengano già in sé il tratto semantico-cognitivo di luogo chiuso, che normalmente caratterizza il cimitero (cfr. 2.2) ma che, in questo esempio, viene associato al mare. È tuttavia d’obbligo, in questa sede, prendere in considerazione le problematicità insite alla ricerca di metafore in un database digitale, che vanno a insidiare l’attendibilità dei risultati ottenuti. In particolare, alla difficoltà di trovare le parole chiave come criterio da applicare alla ricerca si aggiunge quella di dover passare in rassegna tutte le attestazioni trovate, con il rischio di omettere alcune occorrenze, in quanto la metafora potrebbe essere espressa anche attraverso altre parole – diverse da quelle impostate come criterio di ricerca. Proprio in queste criticità si constatano i limiti dell’identificazione automatica delle metafore attraverso una ricerca digitale.
In seguito ai risultati ottenuti dall’indagine sul corpus OVI, ci è parso, inoltre, opportuno verificare la presenza della metafora anche in altri testi, non registrati nell’OVI. In effetti, a tal proposito è interessante notare che abbiamo ritrovato la metafora “il mare è un cimitero” nella leggenda di Colapesce, le cui prime attestazioni risalgono al XII secolo, dunque ben prima dell’Inferno dantesco.
2.4 La rappresentazione mentale del mare: La leggenda di Colapesce
La leggenda di Colapesce (Niccolò Pesce), della quale esistono molteplici versioni, è originaria di Messina, da cui poi giunge a Napoli (cfr. Croce 1919/1990: 301). Tramandata in origine oralmente, tale leggenda fu poi raccolta e le „semplici parole del popolo“ (ibidem: 304) furono rielaborate e messe per iscritto da molti autori (per esempio da Croce e da Calvino). Pare che la leggenda di Colapesce fosse già narrata verso la fine del XII secolo (cfr. ibidem: 302), riferita da Walter Map e da Gervasio da Tilbury, e che sia stata oggetto di adattamento o rielaborazione da parte di diversi autori di varia origine e di varie epoche storiche (tra cui, solo per citare alcuni esempi, Cervantes nel Don Quijote e Schiller in Der Taucher) (cfr. Croce 1919/1990: 302 segg. e Caro Baroja 1984).
La leggenda narra di Niccolò, un giovane fanciullo che amava stare in mare. In seguito alla maledizione della madre divenne „pesce o quasi pesce“ (Croce 1919/1990: 298) e da quel momento passò molto tempo in mare alla scoperta dei suoi fondali. Un giorno il re gli ordinò di recuperare una palla di cannone gettata nelle profondità marine e Niccolò, nonostante l’esitazione a causa di un cattivo presagio, eseguì l’ordine. Ma Niccolò non tornò più a galla e rimase intrappolato in fondo al mare.
Partendo dall’analisi del testo della leggenda napoletana narrata da Croce, è stato possibile rilevare una triplice concettualizzazione del mare: a seconda delle scelte lessicali operate, esso viene rappresentato variamente come uno spazio verticale, uno spazio orizzontale e uno spazio chiuso. Alcuni verbi contribuiscono alla rappresentazione del mare come spazio verticale:
(6) da pesce o quasi pesce egli visse da allora, capace di trattenersi ore e giorni immerso nelle acque, come nel suo proprio elemento, senza bisogno di risalire a galla per respirare. (Croce 1919/1990: 298)
(7) Un’altra volta discese nelle misteriose grotte di Castel dell’Ovo, e ne riportò manate di gemme. (Croce 1919/1990: 298)
(8) Niccolò saltò subito nelle onde; corse corse senza posa dietro la palla che s’affondava veloce; la raggiunse in quella furia d’inseguimento e la raccolse nelle sue mani. (Croce 1919/1990: 299)
Negli esempi (6), (7) e (8) sono usati due verbi che esprimono un movimento verticale, tuttavia con direzioni opposte: in (6) risalire denota un movimento verso l’alto e la successiva specificazione a galla indica che l’azione si svolge in un elemento liquido, il mare appunto. In (7) e (8), rispettivamente, i verbi discese e s’affondava indicano, invece, un movimento verso il basso. La caratterizzazione del mare come luogo verticale avviene sia tramite un’entità animata (in (6) e (7) l’agente è Niccolò Pesce), sia tramite un’entità inanimata (in (8) l’agente è la palla).
Non solo verbi, ma anche sostantivi contribuiscono alla concettualizzazione del mare come spazio verticale, come mostrano i seguenti esempi:
(9) Una volta il re fu preso dal desiderio di sapere come fosse fatto il fondo del mare […] (Croce 1919/1990: 298)
(10) Ma, finalmente, un giorno venne al re voglia di conoscere a che punto veramente colui potesse giungere della profondità del mare […] (Croce 1919/1990: 298-299)
Fondo (in 9) e profondità (in 10) si riferiscono direttamente al mare, cosa che viene resa in maniera esplicita dal complemento di specificazione che accompagna questi sostantivi.
Vi è, infine, un aggettivo che contribuisce a definire il mare come uno spazio verticale:
(11) […] qua e là s’incontravano mucchi di tesori, di armi, di scheletri umani, di navi sommerse. (Croce 1919/1990: 298)
In (11) il participio passato sommerse indica che le navi sono coperte da un liquido, ovvero l’acqua del mare, il che ci riporta a una sovrapposizione di strati (barche e mare) e quindi a uno sviluppo in senso verticale.
La concettualizzazione come spazio orizzontale si evince, invece, dal seguente esempio:
(12) E a percorrere in mare lunghe distanze rapidamente Niccolò Pesce usava l’astuzia di lasciarsi ingoiare da taluno degli enormi pesci che gli erano familiari e viaggiare nel loro corpo […]. (Croce 1919/1990: 298)
I verbi percorrere e viaggiare e lo spazio percorso, misurato in lunghe distanze, ci sembrano più che altro applicabili a uno spazio che si estende in orizzontale – o quanto meno queste sono le principali associazioni che scaturiscono da un ipotetico scenario di ambientazione terrestre, applicabile anche allo spazio marino e che, tuttavia, non esclude una sua estensione a uno spazio verticale.
Ciò che appare, tuttavia, più interessante rispetto a queste due dimensioni spaziali, accomunate dal fatto di non avere confini precisi, è la concettualizzazione del mare come spazio chiuso che ci viene fornita in chiusura della leggenda:
(13) Ma ecco che, alzando il capo, vide sopra sé le acque tese e ferme. Lo coprivano come un marmo sepolcrale. S’accorse di trovarsi in uno spazio senz’acqua, vuoto, silenzioso. Impossibile riafferrare le onde, impossibile riattaccare il nuoto. Colà restò chiuso, colà terminò la sua vita. (Croce 1919/1990: 299)
In (13) l’avverbio di luogo sopra sé indica ancora una volta l’associazione con uno spazio verticale, che però da uno spazio senza confini si trasforma in uno spazio chiuso: il verbo coprire rende la delimitazione spaziale esplicita e l’area che ne deriva appare caratterizzata – ugualmente in forma esplicita – come uno „spazio senz’acqua, vuoto, silenzioso“, ai quali si aggiunge il participio passato chiuso che, sebbene definisca la nuova situazione in cui si trova il protagonista della leggenda è, applicabile anche allo spazio che contiene l’individuo.
Proprio in queste ultime righe si compie l’associazione tra il mare come spazio chiuso e il mare come luogo di morte e come tomba, resa esplicita dal sostantivo marmo sepolcrale usato in una similitudine introdotta da come („le acque tese e ferme. Lo coprivano come un marmo sepolcrale“) e dall’ultima frase „colà terminò la sua vita“. Il termine della vita in uno spazio chiuso, la tomba, evoca delle associazioni con il cimitero, in quanto luogo destinato alla sepoltura dei morti (cfr. 2.2). Riportando l’attenzione sui tratti costitutivi del lessema cimitero (trattati in 2.2), esso viene caratterizzato, tra l’altro, come uno spazio chiuso, generalmente cintato da muri, ai quali tuttavia nell’esempio (13) si sostituiscono le „acque tese e ferme“, che sembrano delimitare uno spazio ancora più ristretto e angusto di un intero cimitero, nello specifico ci sembrano circoscrivere una tomba. Lo spazio delimitato in fondo al mare in cui si trova Niccolò Pesce viene descritto nel testo attraverso gli aggettivi vuoto, silenzioso e chiuso, che per similarità possiamo applicare a una tomba e, quindi, per contiguità a un cimitero.
- “Il Mediterraneo è un cimitero” come metafora cognitiva
La prospettiva linguistico-cognitiva riconosce alle metafore la loro „entire complexity, pervasivness, and social-cognitive power“ (Kövecses 2011: 25). Se osserviamo la metafora “il mare (Mediterraneo) è un cimitero” da questo punto di vista, risulta evidente che si tratta di un metaphorical concept (Lakoff/Johnson 1980: 6) che riveste un ruolo importante nel nostro sistema concettuale. A prova di ciò basti pensare all’attualità e alla grande diffusione di questa metafora (e tra l’altro non solo nello spazio linguistico italiano[7]) a cui abbiamo accennato in apertura di questo contributo.
Appoggiandoci alla teoria di Lakoff e Johnson (1980), ci siamo proposti di classificare la metafora oggetto della nostra analisi secondo le categorie da loro introdotte: ci sembra che la metafora sia riconducibile a quelle che Lakoff e Johnson definiscono structural metaphors, dove un concetto (MARE) viene strutturato metaforicamente nei termini di un altro (CIMITERO) (cfr. Lakoff/Johnson 1980: 14). Inoltre, la metafora oggetto della nostra analisi presenta le caratteristiche attribuite in generale alle metafore cognitive, ovvero la loro base esperienziale (le metafore trovano fondamento nella nostra esperienza diretta con l’ambiente fisico che ci circonda) (ibidem: p. 56 segg.), la loro struttura multidimensionale (esistenza di un sistema coerente di concetti metaforici) (ibidem: p. 77 segg.), la direzionalità (comprendere un concetto nei termini di un altro) (ibidem: p. 112 segg.) e l’interazionalità (comprendere un concetto non solo in base alle proprietà intrinseche di questo, ma soprattutto in base alle proprietà interazionali, che hanno a che fare con la nostra percezione e la nostra esperienza del mondo) (ibidem: p. 119 segg.). In effetti, il fondamento della metafora “il mare è un cimitero” è rintracciabile nella nostra esperienza con l’ambiente: quando si parla dei tentativi dei migranti di attraversare il mare, il modo in cui concepiamo e concettualizziamo il Mediterraneo è legato all’esperienza che facciamo di esso. Se molti dei tentativi finiscono in tragedia, siamo chiaramente portati ad evidenziare determinati aspetti del mare (quelli negativi, minacciosi e oscuri) e a nasconderne altri (quelli positivi) – procedimento che Lakoff e Johnson definiscono highlighting e hiding e che garantisce la sistematicità delle metafore (cfr. 10 segg.). Inoltre, la base esperienziale ci porta a concettualizzare e a comprendere il mare nei termini di qualcos’altro, il CIMITERO, le cui caratteristiche vengono – per similarità – applicate al mare e sono, al loro interno, strutturate in un sistema coerente di concetti metaforici che, interagendo con l’ambiente circostante, ci permettono di arrivare a categorizzare la realtà per comprenderla. Nonostante molte caratteristiche individuate da Lakoff e Johnson si possano applicare alla metafora oggetto di studio, ci sembra tuttavia che – per alcuni aspetti – la nostra metafora sfugga a una piena corrispondenza con le metafore strutturali. Secondo quanto affermato da Lakoff e Johnson (1980: 59), solitamente concettualizziamo l’astratto nei termini del concreto, ciò che è meno chiaramente delineato nei termini di ciò che lo è di più. Ne risulta che i due domini della metafora (source domain e target domain) sono di natura eterogenea. Tuttavia, nella metafora “il mare è un cimitero” notiamo che i due domini hanno una natura complessa e dicotomica, allo stesso tempo omogenea ed eterogenea: se da un lato MARE e CIMITERO sono entrambi entità concrete – apparentemente non in linea con quanto sostenuto da Lakoff e Johnson (cfr. ibidem: 45) –, dall’altro, però, l’entità naturale (MARE) viene certamente compresa attraverso un’entità non-naturale (CIMITERO), opera degli esseri umani. Questo permette di concettualizzazione e di comprendere un fenomeno naturale, del quale l’uomo ha una esperienza limitata (il MARE), in termini umani, che può conoscere grazie alla sua base esperienziale (il CIMITERO e l’esperienza della morte), permettendo così di concettualizzare „the less clearly delineated in terms of the more clearly delineated“ (Lakoff/Johnson 1980: 59).
- Prospettiva sincronica: le modificazioni semantico-grammaticali della metafora “il Mediterraneo è un cimitero” e le loro rappresentazioni mentali
Se riassumiamo quanto già detto nel par. 3, è possibile asserire che l’enunciato it. “il Mediterraneo è un cimitero“ può essere interpretato come una metafora perché il concetto MEDITERRANEO contiene il tratto costitutivo peculiare ACQUA mentre CIMITERO contiene il tratto costitutivo peculiare TERRA. Grazie al fatto che entrambi i concetti condividono il tratto LUOGO/SPAZIO la metafora è resa possibile da un trasferimento di proprietà da un source domain CIMITERO a un target domain MARE (Lakoff/Johnson 1980, 1999). Nella sua manifestazione in linguaggio, la metafora fonte “Il Mediterraneo è un cimitero”, unendo con la copula due termini in praesentia, uno che emette l’immagine cimitero e l’altro che la riceve Mediterraneo (Weinrich 1967), attiva cognitivamente la ricerca di connessioni logico-analogiche tra i due concetti. L’interpretazione della metafora lavora, infatti, su inferenze concettuali, cioè sulla ricerca di corrispondenze razionalmente simili tra l’emittente e il ricevente dell’immagine. Fin dai classici studi di Bühler (1934) e di Lakoff e Johnson (1980), risulta essere questa l’assunzione di base che permette di spiegare il meccanismo metaforico. Infatti, le nozioni di Sphärenmischung/Mischverfahren der Metapher (Bühler) e di mapping (Lakoff e Johnson), sebbene attualizzino aspetti diversi del processo di connessione per similarità, postulano entrambe che non sia possibile separare e isolare mentalmente i due concetti.[8] Da questo stimolo, intento a comprendere perché proprio quell’emittente dell’immagine sia stato connesso con il ricevente, la mente reagisce producendo un gran numero di associazioni mentali (Lakoff/Wehling 20143)[9]. Vediamolo con il nostro esempio “il Mediterraneo è un cimitero“.
Normalmente, come dimostra l’analisi diacronica (cfr. par. 2), un parlante italiano associa il concetto di CIMITERO a quello di LUOGO CHIUSO dove i morti sono sepolti, riposano e rimangono per sempre. Siccome il significato etimologico della parola cimitero, dal gr. koimētḗrion, è "dormitorio", si comprende perché l’idea del riposo (eterno) sia diventata in italiano più centrale, o prototípica, di altre. Tuttavia, la parola it. cimitero attualizza altre connessioni mentali. Se c’è un cimitero, allora ci sono delle tombe, delle lapidi, delle croci. La parola produce anche collegamenti che vanno oltre il puro aspetto materiale, attivando stati emozionali, come quelli del dolore, del ricordo o della perdita. L’analisi dei dizionari (cfr. 2.1 e 2.2) mette in risalto che, nel suo uso figurato, cimitero evoca anche un “luogo silenzioso, abbandonato e lugubre (fondandosi sulla similarità con il cimitero vero e proprio), ma è anche simbolo di morte e desolazione“ (Crusca; GDLI; cfr. p.4 del presente contributo). Quindi, da un punto di vista cognitivo, le associazioni non sono, per usare le parole di Langacker 2008, seppur in altro contesto, „neither totally free nor totally fixed“ (p. 39).
La connessione di cimitero con Mediterraneo esclude - nel contesto di riferimento (la strage dei profughi annegati nel Mediterraneo) - alcune di queste associazioni e ne mette in risalto altre. La morte per annegamento, l’immagine dei corpi che galleggiano sull’acqua, i cadaveri dispersi in mare o i gommoni che affondano sono, in linea di massima, quelle più centrali o prototipiche, mentre l’associazione dei cadaveri con il cibo per i pesci o con i giubbotti salvagente, come in (14):
(14) Un cimitero di giubbotti salvagente per i migranti morti nel Mediterraneo[10]
sono cognitivamente più marginali o periferiche (Rosch 1973). Tuttavia, le nozioni di prototipo e di periferia (di una categoria mentale) possono essere spiegate solo nei termini di esperienza del soggetto parlante nel contesto di riferimento. Per i soccorritori e i medici volontari, per esempio, che sono a contatto diretto con la situazione, cimitero e Mediterraneo possono attivare l’immagine, la rappresentazione mentale, del terrore negli occhi della gente sui barconi che affondano o delle grida disperate dei profughi che affogano.[11]
È indubbio, allora, che le rappresentazioni mentali che una metafora scatena dipendono in primo luogo dal contesto di riferimento. Se Papa Francesco avesse proferito la stessa metafora “il Mediterraneo è un cimitero“ facendo riferimento alla morte dei pesci causata dall’inquinamento, l’associazione con morte per annegamento sarebbe, sicuramente, esclusa. Ciò non significa, tuttavia, che la lingua del soggetto parlante e la sua esperienza enciclopedico-culturale non siano altrettanto determinanti per l’attualizzazione cognitiva.
Per un parlante tedesco, per esempio, le associazioni sono diverse da quelle di un parlante italiano. In tedesco, la connessione più immediata, o prototipica, con il concetto di FRIEDHOF è quella di luogo dove si accompagnano i morti per la sepoltura („Begräbnisplatz, Ort an dem Tote bestattet werden“).[12] Si comprende allora perché l’enunciato di Papa Francesco "il Mediterraneo è un cimitero" venga spesso tradotto, nei social media, con “das Mittelmeer ist ein Massengrab” (e non con “das Mittelmeer ist ein Friedhof”). Infatti, se il parlante tedesco ritiene costitutiva del concetto FRIEDHOF la proprietà ‚rito funebre’, che associa mentalmente, unendoli, l’AZIONE (beerdigen, begraben, bestatten, beisetzen) al LUOGO (Friedhof), allora la connessione mentale con Mittelmeer è esclusa[13].
Data questa assunzione di base, non ci pare troppo arduo sostenere, che ogni fenomeno di modificazione metaforica sia il risultato di associazioni mentali ben definite, che l’autore ha sviluppato sentendo/leggendo la metafora fonte (nel nostro caso “il Mediterraneo è un cimitero“). La metafora fonte viene modificata, perché il suo autore - in base alle esperienze che ha fatto con il contesto di riferimento (sempre relative a una certa scala: esperienza diretta vs. esperienza indiretta), all’interesse per risolvere e affrontare il problema (forte interesse vs. totale indifferenza) e ai suoi valori etico-morali (sostenere vs. ostacolare) - attualizza nella connessione metaforica tra Mediterraneo e cimitero delle proprietà che percepisce come più salienti di altre e che intende, con la modificazione, mettere in particolare rilievo. È evidente, a questo punto, che ogni processo di associazione mentale non dipende solo dai due concetti, quello emittente e quello ricevente, ma, partendo da essi, può estendersi a domini molto più lontani. Ne è un esempio il titolo del libro di Cattaneo e D’Amico (2016), che estende l’associazione fino al dominio giuridico:
(15) I diritti annegati. I morti senza nome nel Mediterraneo
Sembrerebbe, quindi, che le modificazioni siano infinite e non possano essere ricondotte a tipi ben precisi. In realtà, però, la metafora in praesentia “il Mediterraneo è un cimitero“ può essere modificata solo nelle forme che la metafora può assumere (a) nel contesto di riferimento, ossia i profughi morti annegati nel Mediterraneo e (b) nella sua struttura semantico-grammaticale, ossia A (Mediterraneo, sostantivo) è B (cimitero, sostantivo).
Per spiegare queste modificazioni metaforiche e il loro legame con le associazioni mentali adotteremo un approccio semantico-grammaticale. L’approccio semantico-grammaticale ci pare il più idoneo a spiegarle, perché appare più vicino alla natura dell’attività cognitiva propria del soggetto parlante. Un approccio di questo tipo assume di trattare le funzioni grammaticali (per esempio, sostantivo, verbo, aggettivo) come veicoli di categorie mentali iperonimiche (ossia STATO, AZIONE o QUALITÀ), indipendentemente dai contesti in cui appaiono. L’identificazione della categoria mentale iperonimica consente una spiegazione più omogenea delle modificazioni metaforiche, perché la loro interpretazione, partendo da rappresentazioni mentali estese, procede per verifiche di inclusione all’interno della categoria stessa e rende possibile spiegare e identificare meglio le associazioni che ne sono alla base.[14] Lo spieghiamo attraverso l’esempio (16):
(16) Mediterraneo, il cimitero liquido[15]
L’enunciato modifica la metafora fonte “il Mediterraneo è un cimitero“ con la soppressione dell’articolo determinativo davanti a Mediterraneo, la sostituzione della copula con la virgola e la espansione di cimitero con l’aggettivo liquido. Da un punto di vista semantico, l’impiego dell’aggettivo liquido esprime una QUALITÀ del nome cimitero. Non è possibile evitare allora di concettualizzare il cimitero con le qualità-proprietà che lo caratterizzano, ossia come elemento, privo di una forma propria, e fargli assumere mentalmente la forma del recipiente che lo contiene, vale a dire il Mar Mediterraneo. La modificazione semantico-grammaticale „Mediterraneo, cimitero liquido“ fa retrocedere sullo sfondo la concettualizzazione del LUOGO/SPAZIO, peculiare della metafora fonte “il Mediterraneo è un cimitero“, mettendo in primo piano quello dello STATO FISICO e comprendere così il Mediterraneo e il cimitero nella loro QUALITÀ MATERICA.
Quindi, se la metafora, come scrive Black, „selects, emphasizes, suppresses, and organizes features of the principal subject by implying statements about it that normally apply to the subsidiary subject“ (Black 1962: 44-45), un’analisi delle modificazioni semantico-grammaticali può istruire sulle proprietà comuni fra il Mediterraneo e il cimitero che l’autore della modificazione seleziona, mettendole in primo piano, e su quali invece opera una soppressione, facendole retrocedere sullo sfondo.
Data questa assunzione di base, rivolgeremo adesso l’attenzione alle categorie che modificano il solo emittente dell’immagine cimitero, e analizzeremo poi alcuni casi di modificazione metaforica nella sua interezza. Un approccio di questo tipo consente, a nostro avviso, una spiegazione più omogenea dell’intera modificazione metaforica, poiché assumiamo che ogni tipo di modificazione si scateni dalla rappresentazione mentale dell’emittente dell’immagine.
4.1 Modificazioni dell’emittente dell’immagine - Espansione del Nome cimitero
Appartengono alle modificazioni dell’emittente dell’immagine le espansioni semantico-grammaticali della parola cimitero. Esse sono veicolate da unità grammaticali, quali, per esempio, l’aggettivo, l’avverbio o la preposizione, che aggiunte al sostantivo cimitero non ne modificano la funzione di emittente, ma ne specificano la rappresentazione mentale per l’intendimento semantico e cognitivo della connessione con il ricevente Mediterraneo.
4.1.1 La rappresentazione mentale del LUOGO DELL’ASSENZA
In italiano un gran numero di ruoli semantico-grammaticali è in grado di attualizzare la rappresentazione mentale dell’ASSENZA (PRIVAZIONE, MANCANZA, ESCLUSIONE). Negli esempi che seguono, la modificazione mediante la preposizione senza, dopo cimitero, veicola, tramite il suo significato specifico di privazione, questa particolare rappresentazione del cimitero:
(17) Mediterraneo, cimitero senza tombe e senza lapidi[16]
(18) Mediterraneo, Cimitero Senza Lapidi: Tremila Morti Negli Ultimi Cinque Mesi[17]
(19) «Oggi il nostro mare è un cimitero senza croci», ha detto Mario Bozzo[18]
Tra tutti gli elementi di un cimitero italiano, la tomba e gli oggetti funebri a essa inerenti (la lapide e la croce) sono proprietà costitutive per garantire il ricordo dei defunti. L’unione metaforica con Mediterraneo esclude queste proprietà. Evidentemente non possono esserci somiglianze oggettive tra un cimitero e il Mar Mediterraneo in quanto il Mediterraneo, a differenza del cimitero, non contiene tombe, lapidi, che ricordano il defunto, e neppure croci che simbolizzano la passione di Cristo. Questo processo di esclusione è reso evidente nel gruppo di esempi che registrano la mancanza della tomba e dei suoi costituenti nella modificazione semantico-grammaticale della metafora iniziale. Da una prospettiva cognitiva, le modificazioni sono particolarmente interessanti, perché postulano esplicitamente che il sostantivo cimitero, connesso a Mediterraneo, non venga inteso in senso metaforico ma come un termine letterale. Infatti, gli autori della modificazione, mettendo in primo piano l’assenza di alcune sue proprietà architettoniche, rendono evidenti, allo stesso tempo, due rappresentazioni mentali, rispettivamente, (a) l’assenza di ciò che normalmente, per un parlante italiano, dovrebbe essere presente in un cimitero e (b) l’assenza della possibilità, nel mediterraneo, di ricordare i defunti. Questo non impedisce, tuttavia, che le caratteristiche, che l’autore della modificazione vorrebbe in un cimitero, vengano attivate proprio per sottolineare che si tratta comunque di un cimitero reale, ossia di un luogo destinato ai morti annegati.
4.1.2 La rappresentazione mentale della DIMENSIONE GRANDE e ESTESA e della MASSA LIQUIDA
Nella metafora fonte “il Mediterraneo è un cimitero”, i due termini sono posti, nella manifestazione lineare del testo, entrambi in praesentia generando una metafora del tipo “A è B” (Brooke-Rose 1958: 105). La metafora è di caratterizzazione (Henry 19752: 97), e non di identificazione, perché il termine metaforico B cimitero caratterizza, mediante il nome, il termine letterale A Mediterraneo, mettendo cognitivamente in primo piano il tratto costitutivo generale ‚luogo destinato ai morti’ e facendo retrocedere sullo sfondo quello più specifico di ‚luogo destinato alla sepoltura dei morti’. Tuttavia l’unione tra i due concetti attiva, evidentemente, delle associazioni mentali di caratterizzazione molto più complesse. Infatti, negli esempi di modificazione che seguono, la caratterizzazione del cimitero viene determinata dagli aggettivi che in italiano si collocano di regola con il ricevente dell’immagine, Mediterraneo, per designarne la sua GRANDE DIMENSIONE (l’ESTENSIONE, l’AMPIEZZA):
(20) Mediterraneo, profondo cimitero per una speranza[19]
(21) Il Mediterraneo è un gigantesco cimitero[20]
(22) Il mar Mediterraneo, un grande cimitero di migranti[21]
L’espansione grammaticale descrive, negli esempi, il sostantivo cimitero con aggettivi (profondo, gigantesco, grande) che specificano la QUALITÀ nella categoria DIMENSIONE. In linea di principio non c’è nulla di assurdo che un cimitero sia grande o gigantesco. L’aggettivo profondo in „profondo cimitero“ (es. nr. 20), però, mette in chiaro la connessione con il concetto ricevente MEDITERRANEO. L’aggettivo profondo in italiano, se riferito all’acqua, come nei nostri esempi, designa la notevole distanza dalla superficie al fondo. Un cimitero, quindi, può essere profondo solo se viene caratterizzato come un LUOGO NELL’ACQUA. Per esempio:
(23) Mar Mediterraneo inarrestabile cimitero[22]
(24) Mediterraneo, il cimitero liquido[23]
Gli aggettivi inarrestabile e liquido indicano proprietà dell’acqua. In base alle caratteristiche che l’enciclopedia riconosce al cimitero, l’aggiunta dei due aggettivi che lo qualificano agisce sulla sua concettualizzazione, dando vita a nuove rappresentazioni mentali che ne estendono il significato. Infatti, come già detto in 4.1.2, concepire il cimitero come elemento privo di una forma propria e fargli assumere mentalmente la forma del recipiente che lo contiene, vale a dire il Mar Mediterraneo, significa definirlo come una MASSA LIQUIDA.
4.1.3. La rappresentazione mentale dello SPAZIO CHIUSO
Negli esempi che seguono l’espansione semantica è veicolata da locuzioni avverbiali che determinano la posizione del cimitero nello spazio Mediterraneo:
(25) C’è un cimitero in fondo al mare[24]
(26) Il Mediterraneo è un ́cimitero sul maré [25]
(27) Un cimitero a cielo aperto chiamato Mediterraneo[26]
Le locuzioni avverbiali determinano il cimitero come SPAZIO mediante proprietà relazionali di fondo e superficie che appartengono al mare. Nel mare, per esempio, si può non solo distinguere ma anche vedere che c’è una superficie esterna, creata dall’acqua, e una superficie interna, che crea il fondo. La distinzione tra le due superfici del mare, quella esterna e quella interna, è fondata sul modello mentale dello SPAZIO CHIUSO. Se queste condizioni vengono applicate al cimitero, si deve ricorrere a locuzioni esplicite (cimitero in fondo al mare, cimitero a cielo aperto) per rendere evidente che il cimitero, in quanto spazio provvisto di estensione, occupa una parte del mare (un cimitero in fondo al mare, un cimitero sul mare) o la sua intera estensione (cimitero a cielo aperto).
4.2 Modificazioni della metafora in praesentia - La soppresione della copula
Appartengono alle modificazioni semantico-grammaticali della metafora in praesentia le espressioni che dipendono da un processo di ‚soppressione’ della copula nella metafora iniziale “il Mediterraneo è un cimitero”. Esse sono veicolate, di regola, da strutture compositive coordinate, del tipo sostantivo+sostantivo („il cimitero Mediterraneo“) e da strutture compositive apposizionali (per esempio „Mediterraneo, il cimitero liquido“) che informano sulle rappresentazioni mentali che l’autore della modificazione si è fatto del concetto ricevente MEDITERRANEO quando ha sentito o letto la sua connessione con l’emittente CIMITERO. Da un punto di vista cognitivo, modificare la metafora in praesentia “il mediterraneo è un cimitero” sopprimendo la copula, significa eliminare o ridurre mentalmente la distanza tra i due concetti e creare una contiguità (e non una similarità) concettuale tra Mediterraneo e cimitero nello SPAZIO della realtà fisica. Infatti, nel momento in cui entrambi i concetti, MEDITERRANEO e CIMITERO, sono collegati mentalmente in una relazione contingente, viene meno, come scrive giustamente Prandi (2008) seppure in altro contesto, „la loro estraneità reciproca, condizione del trasferimento“ (p. 15) metaforico, che abbiamo descritto in 4. Secondo Henry 19752, „questa contiguità concettuale“, che caratterizza sia la metonimia che la sineddoche, „è la proiezione astratta di una contiguità che può esistere preliminarmente nello spazio e nel tempo della realtà fisica o della realtà psichica“ (p. 19). Se Mediterraneo e cimitero sono a contatto nello spazio, allora il cimitero può essere concepito come elemento che occupa una PARTE del TUTTO (Mediterraneo). L’esempio (25) „C’è un cimitero in fondo al mare“ illustra chiaramente questo tipo di operazione mentale. È possibile, tuttavia, immaginare che entrambi occupino lo stesso volume e riempiano, così, lo stesso SPAZIO. In tutti e due i casi la mente considera lo SPAZIO del Mediterraneo, totalmente o parzialmente, uguale a quello che occupa il cimitero. Questo è il motivo che induce ad assegnare al Mediterraneo, come identità propria, quella del cimitero. „Che si tratti di metonimia o di sineddoche“, scrive Henry 19752, „l’intelletto gioca sulla contiguità tra certi concetti, facendo astrazione o facendo mostra d’ignorare certi elementi della comprensione più autentica“ (p. 20, corsivo nell’originale). Dipende dal tipo di rappresentazione mentale, restrittiva o estensiva, se l’identità assunta da Mediterraneo sia parte più o meno larga dell’identità di cimitero. Vediamo gli esempi.
4.2.1 La rappresentazione mentale di DUE LUOGHI CHE RIEMPIONO LO STESSO SPAZIO
La rappresentazione mentale di Mediterraneo e cimitero come elementi che occupano lo stesso volume è resa in linguaggio dalle formazioni copulative con tutti e due i concetti che hanno funzione di testa:
(28) Immigrazione: Marazziti, Lega preferisce Mediterraneo-cimitero[27]
(29) Renzi: no al Mediterraneo cimitero. E i morti di Mare Nostrum?[28]
Secondo Setti (2009), nelle formazioni copulative con tutti e due i nomi che hanno funzione testa (del tipo ristorante-pizzeria, bambino-soldato), „il referente assomma le caratteristiche di tutti e due i nomi del composto“, attualizzando „un qualcosa di unitario che concentra inscindibilmente due caratteristiche“.[29] Questo „qualcosa di unitario“ permette, nei nostri esempi, di rappresentare mentalmente il Mediterraneo e il cimitero come elementi che occupano lo stesso spazio, creando, per così dire, una sorta di uguaglianza di volume fra i due. Il fatto, però, che nei composti Mediterraneo occupi il primo posto e che venga scritto rispettivamente separato a cimitero o unito da un trattino, ci segnala che, da un punto di vista cognitivo, l’autore della modificazione separa i due assegnando al Mediterraneo lo SPAZIO PROPRIO che il CIMITERO HA OCCUPATO, prendendosene possesso.
4.2.2 La rappresentazione mentale del MEDITERRANEO CHE ASSUME L’IDENTITA’ DEL CIMITERO
La rappresentazione mentale che concepisce i due concetti come elementi che occupano lo stesso spazio è resa in linguaggio anche da formazioni apposizionali, con Mediterraneo, che ha la funzione di testa, e cimitero, che ha la funzione di elemento appositivo. Riprendiamo alcuni degli esempi discussi in 4.1.1:
(17) Mediterraneo, cimitero senza tombe e senza lapidi[30]
(20) Mediterraneo, profondo cimitero per una speranza[31]
(24) Mediterraneo, il cimitero liquido[32]
Le caratteristiche della testa del composto (Mediterraneo) e quella dell’elemento appositivo (cimitero) dipendono entrambe dall’espansione semantica di cimitero („a cielo aperto“, „liquido“ ecc.). La qualità del cimitero (per esempio in (24) „liquido“) determina allo stesso tempo, focalizzandola, una particolare caratteristica della testa Mediterraneo (cfr. Setti 2009). Da un punto di vista cognitivo, questo tipo di modificazione veicola allo stesso tempo due rappresentazioni mentali, una del Mediterraneo e una del cimitero, che non hanno però lo stesso statuto. Infatti, non è possibile evitare di imporre alla testa (Mediterraneo) un ordine di rilevanza. L’uso della virgola dopo il sostantivo Mediterraneo, segnala questo ordine gerarchico e stabilisce che sia il Mediterraneo ad assumere l’identità del cimitero e non viceversa. L’operazione mentale è di tipo sineddotico in quanto opera un cambiamento nell’estensione psicologica del concetto MEDITERRANEO. L’estensione sostituisce, in pratica, il concetto MEDITERRANEO con un concetto di estensione differente CIMITERO.
4.2.3 La rappresentazione mentale del CIMITERO CHE SI CHIAMA MEDITERRANEO
Una considerazione particolare riguarda i composti con cimitero preposto a Mediterraneo. Sebbene questa modificazione ricorra nel nostro corpus solamente 16 volte, mentre le altre 130 utilizzano, nella manifestazione lineare del testo, la parola Mediterraneo prima di cimitero, è forse quella che, da un punto di vista cognitivo, rappresenta gli aspetti più interessanti. Il fatto che gli autori della modificazione mettano in primo piano il cimitero e cambino, di conseguenza, l’ordine dei costituenti della metafora iniziale (“il mediterraneo è un cimitero”), induce a ipotizzare che i due concetti coinvolti nella metafora non siano più percepiti come eterogenei. Vediamo gli esempi:
(30) Cimitero Mediterraneo – solo in tre avevano un giubbotto[33]
(31) Clandestini, l’appello di Renzi: no al cimitero Mediterraneo[34]
(32) Amnesty: «Europa, ricordati del “cimitero Mediterraneo” e dei diritti umani»[35]
(33) Cimitero Mediterraneo, 97 migranti dispersi in un naufragio a poche miglia dalla
Libia[36]
(34) Cimitero Mediterraneo[37]
Da un punto di vista cognitivo, è difficile, negli esempi, attribuire a Mediterraneo la funzione di aggettivo. Infatti, l’attuazione di una sua qualità prototipica positiva (per esempio, clima mediterraneo), determinerebbe assiologicamente una particolare caratteristica di cimitero che è esclusa nel nostro contesto di riferimento. Anche l’uso della maiuscola impedisce di interpretarlo come un aggettivo. Ed è proprio la maiuscola ad indicare che gli autori della modificazione hanno assegnato al cimitero un nome, vale a dire Mediterraneo[38]. Da un punto di vista cognitivo, chiamare il cimitero con il nome Mediterraneo significa attribuirgli un’appartenenza. Infatti, quando il nome proprio (Mediterraneo) designa un referente concreto, non si può evitare di assegnare al nominato (cimitero) le stesse qualità. Questi esempi mostrano chiaramente che la contiguità concettuale, che si crea grazie alla condivisione dello stesso SPAZIO, è in grado di attualizzare un processo di IDENTIFICAZIONE metonimica tra i due. L’identificazione pensata è espressa mediante il nome proprio (Mediterraneo) che possiede le caratteristiche dell’oggetto in questione (cimitero). A ragione scrive Prandi (2008) che „la metonimia e la sineddoche disinnescano il conflitto attivando tra i concetti coinvolti un ponte concettuale coerente che fa posto a entrambi e blocca il trasferimento“ (p. 15). Per questo motivo la mente non opera alcuna dissonanza cognitiva tra le due diverse modificazioni, Mediterraneo-cimitero e Cimitero-Mediterraneo, e le accetta entrambi come coerenti.
5. Conclusioni
Da qualche anno l’Europa è chiamata ad affrontare un’emergenza umanitaria senza precedenti, dovuta ai più alti flussi di migrazione mai registrati. Quelli che per molti rappresentano i viaggi della speranza, spesso si concludono con tragedie in mare e puntualmente diventano oggetto di attenzione mediatica. Nell’acceso dibattito umanitario, politico e giuridico che ne segue si nota l’utilizzo ricorrente della metafora cognitiva “il Mediterraneo è un cimitero”, che è stata l’oggetto di studio del presente contributo.
Dopo una prima parte diacronica, volta a indagare le (possibili) origini di tale metafora nella lingua italiana, il presente contributo è stato dedicato a un’analisi di tipo sincronico delle modificazioni semantico-grammaticali che sono state registrate per la metafora oggetto di studio. Per quanto riguarda la prima parte, quella diacronica, l’analisi dei principali dizionari storici della lingua italiana non ha permesso di stabilire un’attestazione certa dell’origine della metafora “il Mediterraneo è un cimitero”. Pertanto, il nostro sguardo è stato rivolto in un secondo momento alla letteratura italiana delle origini, passando in rassegna il corpus dell’OVI – che tuttavia non ha dato i risultati sperati. Così, la nostra attenzione si è spostata sulle leggende popolari e in particolare su una, La leggenda di Colapesce (risalente alla fine del XII secolo), nella quale abbiamo rilevato, tra le altre, la concettualizzazione del mare come cimitero. L’analisi di questa metafora cognitiva è avvenuta con il tradizionale approccio top-down, che è stato integrato dall’approccio opposto (di tipo bottom-up) per la seconda parte.
La conclusione del nostro studio sincronico è che la metafora in praesentia “Il Mediterraneo è un cimitero” viene modificata attivando un processo di contiguità concettuale di tipo metonimico (o sineddotico). Nel contesto di riferimento, fra tutte le proprietà distintive di Mediterraneo la mente ne isola una, LUOGO di MORTE. Lo stesso avviene per cimitero. La salienza della contiguità spaziale fa retrocedere i tratti costitutivi del significato figurato di cimitero, ossia „luogo silenzioso, abbandonato e lugubre“ (cfr. GDLI e Crusca), e mette in primo piano quello del LUOGO DI MORTE. Si crea così una identificazione concettuale fra i due che annulla la loro estraneità reciproca e li unisce in una relazione contingente che permette, perfino, di assegnare al cimitero il nome proprio di Mediterraneo. I diversi esempi illustrativi, che abbiamo presentato in questo studio, modificano la metafora iniziale mediante un meccanismo cognitivo di tipo metonimico e sinedottico. Si potrebbe ipotizzare, quindi, che le modificazioni semantico-grammaticali della metafora in praesentia “il Mediterraneo è un cimitero” operino, se accettiamo il punto di vista di Henry 19752, sulla sua origine. Scrive Henry „La metafora è dunque fondata su un doppio meccanismo metonimico (…). Allo stadio iniziale, due entità concettuali, situate in due campi associativi differenti, sono considerate metonimicamente“ (p. 81).
Un approccio integrato, che prende in considerazione sia la prospettiva diacronica sia quella sincronica, permette allo studioso della lingua di focalizzare quali tratti costitutivi della metafora fonte vengono messi in primo piano e quali, invece, retrocedono sullo sfondo. Per le ulteriori ricerche sulle metafore sarebbe auspicabile adottare l’analisi delle modificazioni semantiche, al fine di mettere in evidenza tratti costitutivi delle metafore oggetto di studio che altrimenti sarebbe arduo identificare.
6. Bibliografia
6.1 Corpus
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Wierzbicka, Anna (1990): „The meaning of color terms: semantics, culture and cognition“, in: Cognitive Linguistics 1, 99-150.
Wittgenstein, Ludwig (1932): Vermischte Bemerkungen, Frankfurt am Main.
6.4 Sitografia
(in ordine di citazione)
http://video.repubblica.it/dossier/il-nuovo-papa/papa--non-si-puo-tollerare-che-mar-mediterraneo-diventi-grande-cimitero/184520/183372 (03.12.2017).
http://www.businesspeople.it/Storie/Attualita/Il-discorso-integrale-di-Matteo-Renzi-all-Onu_68776 (03.12.2017).
http://www.bbc.com/news/av/world-europe-24502467/we-are-just-building-a-cemetery-in-the-mediterranean-malta-pm (03.12.2017).
https://www.unhcr.it/risorse/statistiche (03.12.2017).
http://info.arte.tv/de/das-mittelmeer-ist-kein-friedhof-mehr-es-ist-ein-massengrab (03.12.2017).
[7] Da una ricerca in internet emerge un utilizzo ricorrente della metafora “il Mediterraneo è un cimitero”, che compare in discorsi ufficiali, interviste e nella stampa in varie lingue europee (francese, inglese, italiano, portoghese, spagnolo e tedesco) avente per tema i naufragi di migranti. Riportiamo qui alcuni esempi tratti da articoli di giornale: „La Méditerranée, éternel cimetière marin“ (Le 1 hebdo, 13.05.2015), „Mediterranean ‘becoming a human cemetery’“ (Euranet Plus, 6.10.2014), „Mediterraneo, cimitero dei migranti: 2.500 morti da gennaio“ (Corriere Sociale, 15.09.2014), „As águas translúcidas do Mediterrâneo transformaram-se num gigantesco cemitério dos desafortunados do século XXI.“ (Expresso, 19.04.2015), „El Mediterráneo, el mar que se transformó en un cementerio“ (El Tiempo, 26.04.2015), „Unser Meer – ihr Friedhof. Europa muss zügig handeln, damit das Mittelmeer kein Massengrab wird“ (Berliner Morgenpost, 19.04.2016). A questo proposito occorre fare una precisazione: se da un lato esiste il rischio di emulazione della stampa, frequente in un’epoca come la nostra di facile accesso alle notizie e di rapida diffusione delle stesse, dall’altro ci pare significativo sottolinare che il fatto che la metafora in questione trovi così ampio riscontro in varie lingue-culture denota che, evidentemente, può essere compresa nelle varie lingue-culture proprio in quei determinati termini metaforici, senza dover quindi essere sostituita da un’altra metafora più comprensibile o semplicemente più usuale. La condivisione esperienziale favorisce la concettualizzazione in termini simili (tematica trattata nel corso del paragrafo 3, cfr. Lakoff/Johnson 1980 e si veda anche Wierzbicka 1990 per il legame lingua-cognizione-esperienza).
[14] Cfr. Konerding (1993: 173). Sulla relazione tra grammatica e cognizione cfr. Langacker (1987) e Fillmore (1976). Wittgenstein (1932) scrive a tale proposito: „Die Philosophen, welche sagen: ‚nach dem Tod wird ein zeitloser Zustand eintreten’, oder: ‚mit dem Tod tritt ein zeitloser Zustand ein’, und nicht merken, dass sie im zeitlichen Sinne ‚nach’ und ‚mit’ und ‚tritt ein’ gesagt haben, und, dass die Zeitlichkeit in ihrer Grammatik liegt“ (p. 49).
[38] Cfr. il titolo del libro Un cimitero chiamato Mediterraneo di Marcella Delle Donne (2004).